Dopo aver fatto sistemare le
valigie ad alcune cameriere, Oscar si diresse dal padre; Lucille le aveva
detto che il Generale doveva parlare urgentemente.
“Salve padre”
“Salve Oscar, come stai?”
“Bene, grazie. Lucille mi ha
detto che avevi urgenza di parlarmi”.
“Si. Ecco, vedi, è un
po’ difficile per me affrontare l’argomento di cui sto per parlarti ma…
siediti”.
Oscar si chiedeva di
cosa volesse parlarle suo padre: doveva essere qualcosa di veramente importante
a giudicare dalla sua espressione.
“Oscar, tu hai trentadue anni
ormai…”
“Scusate padre, vi pregherei
di venire al dunque”
“Hai ragione Oscar, scusami.
Circa due settimane fa il Tenente Girodel è venuto a chiedere la
tua mano”
“Cosa?!?” disse alzandosi improvvisamente
dalla poltrona.
“Oscar aspetta! Non gli ho
dato nessuna risposta…”
“…”
“… perché voglio che
sia tu a decidere della tua vita, Oscar; non voglio importi una mia scelta,
come ho già fatto tanto tempo fa…”
“Vi ringrazio padre, ma io
non posso accettare una proposta di matrimonio; non era prestabilito che
io mi sposassi e poi… io…”
Il Generale l’ascoltava attento
“… io… niente. Padre, mi dispiace
deludervi ancora, ma non posso andare contro il mio cuore”.
Uscì dalla stanza. Il
Generale Jarjayes si aspettava una reazione del genere; forse Oscar aveva
ragione: era cresciuta come un maschio e poi, all’improvviso, non poteva
completamente cambiare la sua vita. Era normale che gli avesse risposto
in quel modo dopotutto.
Oscar si era svegliata presto
quella mattina. Erano passati cinque giorni da quando era tornata a casa
e quel giorno si era recata presto nella caserma, dove c’era il suo nuovo
plotone. Dopo aver firmato alcuni incartamenti, si era recata nelle camerate
per fare visita ai suoi uomini: erano tutti uomini del popolo, la maggior
parte di loro rozzi e attaccabrighe. Lei non ne era rimasta stupita: immaginava
che le sarebbero capitati soldati del genere, proprio per questo si era
fatta trasferire ad altro incarico, per dimostrare a se stessa di poter
vivere come un soldato, cosa che da qualche tempo le veniva assai difficile.
Mentre era nel suo ufficio, il Colonnello D’Agout le aveva detto che c’era
in caserma una visita per lei: appena uscita nel cortile, si ritrovò
davanti il Comandante dei Soldati della Guardia: Girodel.
“Buongiorno Madamigella”
“Buongiorno Girodel”
“Come va col vostro nuovo incarico?”
“Per ora tutto bene, anche
se è ancora il primo giorno”
“Madamigella Oscar, vorrei
parlarvi di qualcosa di importante”
“Girodel scusatemi ma ora sono
proprio impegnata; se volete, potete tornare a Palazzo Jarjayes questo
pomeriggio”.
“Va bene, allora a più
tardi. Arrivederci”
“Arrivederci”.
Oscar stava suonando il pianoforte;
una melodia di Bach, una melodia dolce e nello stesso tempo triste, molto
triste. Oscar suonava da una vita pur avendo ricevuto un’educazione maschile;
suonava spesso quando era agitata o nervosa o semplicemente quando le andava.
La dolce melodia fu interrotta dal bussare della porta:
“Oscar, sono io” disse Nanny
“E’ venuto il tenente Girodel”
“Si, scendo subito”.
André aveva capito che
c’era ‘qualcosa’ nell’aria, qualcosa che lui non riusciva a comprendere;
come mai Girodel era ritornato a Palazzo? Il Generale gli aveva detto del
rifiuto di Oscar; ma allora, perché era tornato? Che Oscar avesse
cambiato idea? Si tormentava al pensiero che lei potesse sposarsi con un
altro, stare tra le braccia di un altro che non era lui.
Oscar e Girodel passeggiavano
nel giardino di Palazzo Jarjayes.
“Madamigella, voi sapete della
mia proposta… io, non sono venuto qui per cercare di convincervi, anche
se lo vorrei tanto, perché so che siete una donna coerente con le
proprie decisioni. Volevo solo sapere perché avete rifiutato la
mia proposta: non vi piaccio forse?”
“No Girodel, non è per
questo. Vedete, io non sono stata cresciuta per sposarmi e avere dei figli,
anche se a volte penso che avrei fatto meglio a crescere come una donna
normale; e poi io non vi amo: vi rispetto e vi voglio bene come un caro
amico, ma niente di più”
“Scusate la mia indiscrezione,
ma… il vostro cuore è già occupato, vero?”
“Come…? Cosa?”
“Madamigella” disse con un
sorriso amaro “voi siete innamorata. Si vede dai vostri occhi che brillano
quando vi è accanto”
“!”
“Scusate, non avrei dovuto
dirlo. S’è fatto tardi, è ora di andare. Arrivederci Oscar
François De Jarjayes”
« Arri... vederci...
»
Girodel si era subito voltato
: non voleva che lo vedesse piangere...
Durante la cena il Generale
aveva chiesto ad Oscar a proposito della visita di Girodel; lei l’aveva
liquidato con una breve risposta dicendogli che voleva solo parlarle. Suo
padre, comprendendo appieno ‘l’argomento’, non aggiunse altro.
André sembrava distante,
assorto in pensieri che a lei non era permesso di conoscere: non aveva
spiccicato una parola per tutto il pomeriggio, ed era sempre stato per
conto suo. La rattristava: forse André non l’amava, come qualche
volta aveva creduto, sperato; probabilmente ciò che era successo
era stato veramente a causa dell’alcool.
André stava pensando
ad una cosa molto importante: Alain, una volta, gli aveva detto che era
arruolato tra i Soldati della Guardia parigina; sicuramente si trattava
dello stesso reggimento di Oscar visto che gli aveva detto che il Comandante
che avevano prima era stato trasferito. Gli venne un’idea:
“Nonna, sto uscendo; non preoccuparti,
non farò tardi”
“Ma André! Dove…?”
Oscar si stupì dell’improvvisa
uscita di André:
“Chissà, magari ha un
impegno… un appuntamento”.
Terribilmente turbata prese
una bottiglia di brandy, un bicchiere e si sedette sul divano.
Nel frattempo André entrava
di fretta nella locanda solitamente frequentata dal suo amico. Fuori pioveva
ma per la fretta non aveva fatto in tempo di prendere una carrozza e così
aveva cavalcato per circa mezz’ora sotto la pioggia incessante. Chiese
a Philippe dove fosse Alain; l’uomo gli indicò un tavolo non poco
distante.
“Ciao Alain, ho una cosa importante
da chiederti…”
Oscar, seduta sul divano vicino
al caminetto, aveva deciso di ubriacarsi: un modo per evitare di pensare,
tutto sommato; ma poi aveva smesso, visto che l’indomani avrebbe dovuto
svegliarsi presto e non voleva avere mal di testa e nausea per tutto il
giorno. Prima di andare a dormire, Nanny le aveva chiesto se aveva bisogno
di qualcosa, poi andò a dormire anche lei. Era rimasta da sola.
Ripensò agli strani avvenimenti che le erano accaduti in Normandia:
il quadro e le visioni di lei e André bambini. La cosa strana era
che appena aveva realizzato di amare André era tutto tornato alla
normalità. Rifletteva su questo, quando il portone si aprì.
André entrò piano attraversando il lungo corridoio; fu attirato
da una tenue luce. Entrò piano e si vide davanti Oscar, di spalle:
“Sei ancora qui Oscar? Coma
mai non sei a letto?”
“Potrei dire la stessa cosa
di te, André”
L’uomo rimase in silenzio e
si avvicinò al caminetto.
“Ti dispiace se rimango un
po’ qui? Il tempo di asciugarmi un po’ gli abiti…” disse toccando i vestiti
fradici.
“Si”.
Si tolse il mantello e la giacca
e li sistemò vicino il caminetto; in piedi, di fronte al fuoco,
era avvolto dal caldo tepore.
“Come mai sei uscito con così
tanta fretta e per di più con questo tempo?”
“Mi sono ricordato improvvisamente
di una cosa importante che dovevo fare”
“Che genere di cosa?”
“Ehm… niente di particolare,
dovevo parlare solo con un amico…”
“Un amico eh?!”
Si alzò stizzita dal
divano
“Su, avanti perché non
dici la verità?” gridò.
“Ma… cosa…?”
“Perché non vuoi dirmi
la verità? Avevi un appuntamento, non è così?!”
André, mantenendosi
calmo, si alzò dal divano, diretto verso l’uscita della stanza:
come poteva venirle in mente che lui potesse frequentare un’altra donna?
“Ehi! Dove stai andando?!”
continuò lei.
“Scusami Oscar, è tardi”.
Prima di attraversare la soglia
aggiunse:
“Non è possibile Oscar,
come hai potuto pensare che io potessi stare con un’altra. Allora non hai
capito nulla…”.
Si allontanò.
Oscar nel giro di pochi secondi
realizzò ogni cosa: quella sera, quei fantasmi in Normandia, tutto
voleva portarla a lui; André l’amava e adesso lo stava perdendo
per sempre.
“André!”
Lui tornò indietro
“Che c’è Oscar?”
“Ti prego, non andare via”.
Per un istante che sembrò
una vita André rimase immobile; il cuore aveva arrestato il suo
battito per poi aumentare freneticamente. Lentamente si mosse verso Oscar
che stava immobile, aspettando una sua reazione. A metà strada fra
lei e la porta si fermò: lei gli sorrise, semplicemente. I suoi
dubbi svanirono: Oscar… la sua Oscar. Corse una
distanza infinita; la baciò furiosamente, appassionatamente (1)
mentre le sue mani la tenevano stretta. Lei gli si aggrappò al collo
rispondendo a quel bacio da troppo tempo desiderato. Senza staccarsi caddero
sul divano. I loro corpi si avvicinavano, si muovevano sempre di più
mentre tutto quello che c’era intorno a loro sembrava svanire. André
si staccò un attimo da lei sussurrandole:
“Vuoi stare… con me…?”.
Lei lo guardò: gli occhi
verdi di lui brillavano per la felicità e per la gioia che stava
provando; capì che la felicità gli era dinanzi, la felicità
completa che aveva sempre desiderato. Non gli rispose ma lo baciò.
André si alzò prendendola per mano; uscirono dalla stanza
avvinghiati. Salirono al piano di sopra: André la prese in braccio
e la baciò di nuovo. Aprì la porta della sua camera e entrato,
l’adagiò sul letto: pochi minuti ancora… Si distese si di lei e
continuò a baciarla accarezzando febbrilmente il suo corpo mentre
lei lo stringeva a sé, aggrappandosi alla sua schiena.
Ognuno percorse l’altro di baci e di carezze finché i loro corpi presero a muoversi all’unisono, animati da una forza misteriosa, dal desiderio di stare insieme e di volersi bene reciprocamente, per sempre.
Un uomo e una donna si amano.
I ricordi, i fantasmi del passato,
avevano fatto comprendere che l’amore, la felicità, non sta nelle
cose irraggiungibile, nei desideri impossibili (2)
, ma dove meno ce l’aspettiamo.
“Chiunque voi siate grazie,
vi ringrazio con tutto il cuore”
“Con chi stai parlando, Oscar?”
“No, niente André, niente…”
disse abbracciandolo.
Fine
(1) Come
Richard Gere ne “Il primo cavaliere”.
(2) Riferimento a Fersen.
Cetty